Monastero di Sant’Eugenio

L’abbazia benedettina di antichissime origini, forse le più remote della Toscana, venne fondata nell’anno 730 dal longobardo Warnifredo, castaldo regio stanziato a Siena che la dotò di terre e possedimenti circostanti. Le tracce documentarie sono molto scarne e sembrano escludere la presenza di uno scrittorio importante all’interno del monastero, che pure crebbe notevolmente nei secoli: «Regalata di beni e di giurisdizioni sopra molte chiese, favorita da vari imperatori costantemente protetta dai pontefici, essa divenne viemaggiormente doviziosa, siccome lo danno a conoscere due diplomi di Arrigo IV del 4 giugno 1181, e di Federigo I del 1185 (8 agosto) diretti dagli abati di S. Eugenio». Essa si affaccia sulla strada di s. Abondio, così chiamata per l’omonimo monastero femminile (monastero di S. Bonda), che, secondo Paul Kehr nel suo Italia Pontificia (v. III, p. 224), venne fondata dal re Pipino nell’801, con il trasferimento delle reliquie dei ss. Abbundii e Abundantii ad opera di papa Leone III. Sempre Kehr cita un documento del 1095, ad oggi perduto, che attesterebbe l’affiliazione al monastero di S. Eugenio (nel cui archivio è confluito quello di s. Abondio). In un articolo del 2000 Wilhelm Kurze richiama finalmente l’attenzione su questo monastero identificando finalmente l’antico complesso, ora residenza privata, e la sua chiesa, ricostruendone le origini e avvalorando la leggenda, dato il peculiare rapporto dei primi membri della dinastia carolingia con il culto di s. Abondio e la relativa fondazione di monasteri. Anche la chiesa di s. Bonda, della seconda metà del secolo XII (e rifacimenti nel XIV s. II m.), reimpiega materiale lapideo con ornamenti dei secc. VIII-IX, come ha ben ricostruito Fabio Gabbrielli nell’articolo contenuto nello stesso volume che ospita il saggio di Kurze: «[…] la collocazione isolata e apparentemente casuale […] potrebbe suggerire un reimpiego da parte dei costruttori romanici di un pezzo appartenente ad una più antica chiesa, magari quella del monastero fondato, come vuole la leggenda, dal figlio di Carlomagno nell’anno 801».

Entrambi i monasteri finirono presto sotto la giurisdizione del vescovo di Siena; il legame con la città, infatti, fu a lungo solido, tanto che il suolo dove poggiano era l’unica zona extraurbana a rientrare nei Terzi di Città, dunque all’interno del Comune medievale di Siena. Anche il sistema di sei fonti che caratterizza la zona è analogo a quello cittadino ed è un unicum rispetto al contado circostante: «Non sembra esistere altra zona nella campagna attorno alla nostra città che abbia questa ricchezza di fonti, e non a caso è proprio qui che si trovano due antichi insediamenti fortificati, quello del Monastero e quello di Sant’Abondio».

L’archivio diplomatico di S. Eugenio, che è attestato a partire dall’anno 948, quando l’abate allivella i terreni situati a Camugliano, ha inoltre inglobato anche i documenti del romitorio di Maria di Montemaggio, del monastero di S. Maria Novella fuori porta Camollia, delle pievi di Rosia e di Orgia, e, soprattutto, quella cospicua del monastero di Abbadia a Isola confluita ivi nel 1446 per volere di papa Eugenio IV. In quell’anno, infatti, i monaci di S. Spirito a Siena e quelli badiani vennero aggregati all’abbazia eugenina; al momento della sua soppressione, nella seconda metà del Settecento, i documenti furono prima trasferiti a Firenze e poi consegnati all’Archivio di Stato di Siena nel 1868. Rimane uno spoglio di questo materiale risalente al XIX sec., dal quale si desume la perdita di diverse pergamene (cfr. la pagina ICAR dedicata al Fondo, con la digitalizzazione dello spoglio). 

Dopo la soppressione napoleonica il complesso divenne prima una villa dei conti Griccioli, poi ritorno alla Chiesa nel 1932, divenne una casa di riposo gestita dalle Suore Vincenziane, grazie alla cui concessione oggi la Fondazione Monastero ne gestisce i locali a fini sociali e culturali

Ricerca tramite melodia

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Esempio melodia:
Un esempio delle melodie presenti nel database scritto utilizzando un font standard:

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Nota bene:
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